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Il Mattino e l'etica giornalistica svenduta

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Il quotidiano napoletano stravolge il pensiero di un editorialista per colpire il Governo Berlusconi
31 righe aggiunte di sana pianta al commento di un editorialista del principale giornale del Mezzogiorno edito da Caltagirone. La corretta informazione e l’etica giornalistica svenduta per modificare il pensiero di un collaboratore, evidentemente non troppo incisivo per colpire il Governo Berlusconi. È quanto succede in un Paese tanto preoccupato per lo strapotere del premier, al punto da aver azionato una “resistenza mediatica” che viola tutti i principi della libertà di espressione e della corretta informazione. Arrivare tuttavia alla manipolazione del pensiero di un collaboratore, ancora non si era arrivati.
Qui di seguito pubblichiamo le righe aggiunte dal Mattino all’articolo del professor Giovanni Orsina e la sua lettera indignata spedita al quotidiano e all’ordine dei Giornalisti.
“La causa prossima sta nello strabismo con cui il governo ha affrontato la questione meridionale. Si parla tanto di trasferimenti di ministeri da Roma al Nord, ma forse bisognerebbe trasferire più personale (ministeriale e non) per effettuare a tappeto i controlli fiscali in quel Settentrione in cui si registra un dato record di evasione. Come quel 22,4% in Veneto, che equivale a oltre 20 miliardi di euro, più della metà di quella Finanziaria che la Corte dei Conti ritiene indispensabile per risanare i conti del Paese. Finora, tranne che con gli annunci, il governo non ha mai chiarito che cosa intenda fare per fermare la rapacità della Lega - che vuole dare tutto a un Nord che ha già molto - e per compensare il Sud privo di mezzi. Purtroppo siamo ancora al settimo annuncio di un supposto piano da 100 miliardi per il Mezzogiorno che finora non è mai diventato operativo. L’altra causa è la natura nordista - anzi lombarda - del berlusconismo. La cui proposta politica rappresenta nella nostra vicenda nazionale un fenomeno sulla cui unicità forse non si è ancora riflettuto a sufficienza”.

La lettera di Giovanni Orsina:
A Virman Cusenza
Direttore, con grandissima amarezza stamattina, aprendo il Tuo giornale, ho dovuto constatare che al mio articolo – articolo di fondo, su un tema di grande rilievo politico, a due giorni dal ballottaggio napoletano – sono state aggiunte trentuno righe, l’intero secondo paragrafo, che io non ho mai scritto, né che sono mai state concordate con me. Sono parole non blande né neutrali: vi si parla di un governo incoerente e indolente nell’affrontare la questione meridionale, colpevolmente tollerante di fronte all’evasione fiscale nel nord Italia, incapace di frenare la «rapacità» della Lega. Tanto poco blande o neutrali sono, queste parole, che la prima parte del titolo del pezzo è su di esse: «Il Nord evade e il Sud resta senza risposte». Ieri per telefono, col Tuo vicedirettore, avevamo concordato un commento sullo “sbilanciamento” nordista del ministero Berlusconi. E io questo ho scritto. L’ho scritto come so scriverlo io, che di mestiere faccio lo storico della politica e non l’analista delle politiche pubbliche. Ma, del resto, è dal novembre del 2005 che scrivo per «Il Mattino», e professore di storia non lo sono diventato nel frattempo. Ho mandato l’articolo ieri nel tardo pomeriggio, intorno alle 19,45, quindi molto prima dell’orario in cui si chiudono i giornali. E nel testo dell’email che lo accompagnava era scritto, come del resto scrivo sempre: «Ecco il pezzo. Fatemi sapere se devo rimetterci le mani». Sono stato tutta la sera a casa, a disposizione per concordare eventuali modifiche. Ma sia il telefono fisso sia il cellulare hanno taciuto. Non ritengo di esagerare nel definire inqualificabile, dal punto di vista sia etico sia professionale, il modo in cui si è comportato con me il Tuo giornale. Né credo di dover aggiungere che la mia collaborazione con «Il Mattino» finisce qui.
Giovanni Orsina

Il fatto che le critiche fossero rivolte a Berlusconi (guarda caso in piena campagna elettorale) è del tutto irrilevante per determinare la gravità dell’accaduto. Altrettanto grave è la totale indifferenza mostrata dai principali organi di informazione e dai tanti garanti della libertà di stampa che affollano il nostro paese. Libero e Giornale a parte, che per ovvi motivi hanno dato spazio alla lettera del prof. Orsina, nemmeno un tg3 qualunque ha pensato di dedicare 30” all’indegna contraffazione del pensiero compiuta dal quotidiano napoletano. Il Cdr del quotidiano napoletano non solo rigetta le accuse ma replica che le aggiunte sono solo dati e numeri minacciando querela. Della serie, o il professore è un millantatore o è un semplice smemorato che ha rimosso un pezzo dell’articolo. Oppure le cose sono andate esattamente come indicate nella lettera precedentemente citata, che al momento sembra la versione più credibile, visto che la risposta del Cdr è palesemente contraddittoria e discutibile nella sostanza: le frasi aggiunte non sono dati e numeri, ma sembrano proprio pensieri e opinioni argomentate. Tutte legittime, sempre che fossero state firmate dal suo reale autore (pc).



L’articolo pubblicato su Il Mattino il 26 maggio 2011
Il Nord evade e il Sud resta senza risposte
Giovanni Orsina

Il rilievo cruciale che il ballottaggio milanese di dopodomani ha acquisito per il quadro politico nazionale evidenzia quanto la vita pubblica italiana sia ormai diventata "a trazione settentrionale". Al contempo, i risultati del primo turno delle elezioni di Napoli, e quindi la conformazione che ha assunto il ballottaggio partenopeo, dimostrano che il Mezzogiorno fatica a esprimere delle opzioni politiche alternative che non siano limitate alla protesta. Questo stato di cose ha ovviamente delle ragioni. La causa prossima sta nello strabismo con cui il governo ha affrontato la questione meridionale. Si parla tanto di trasferimenti di ministeri da Roma al Nord, ma forse bisognerebbe trasferire più personale (ministeriale e non) per effettuare a tappeto i controlli fiscali in quel Settentrione in cui si registra un dato record di evasione. Come quel 22,4% in Veneto, che equivale a oltre 20 miliardi di euro, più della metà di quella Finanziaria che la Corte dei Conti ritiene indispensabile per risanare i conti del Paese. Finora, tranne che con gli annunci, il governo non ha mai chiarito che cosa intenda fare per fermare la rapacità della Lega - che vuole dare tutto a un Nord che ha già molto - e per compensare il Sud privo di mezzi. Purtroppo siamo ancora al settimo annuncio di un supposto piano da 100 miliardi per il Mezzogiorno che finora non è mai diventato operativo. L’altra causa è la natura nordista - anzi lombarda - del berlusconismo. La cui proposta politica rappresenta nella nostra vicenda nazionale un fenomeno sulla cui unicità forse non si è ancora riflettuto a sufficienza.
In centocinquant'anni di storia unitaria Berlusconi è stato fra i pochissimi uomini di governo che abbiano teorizzato (teorizzato a modo suo, s'intende) il carattere positivo della società italiana, e la necessità quindi non di modificarla più o meno radicalmente, ma al contrario di lasciarla il più possibile libera di fare da sé. In un'Italia sulla quale per un secolo e mezzo, in un modo o in un altro, ha pesato il detto d'azegliano sull'imprescindibile necessità di "fare" - cambiare, educare, incivilire, occidentalizzare - gli italiani, il Cavaliere ha lanciato un messaggio del tutto diverso: che gli italiani vanno benissimo così come sono. È un messaggio che benevolmente potremmo definire liberale, malevolmente qualunquista, e che in realtà è liberale e qualunquista al contempo. Ma, soprattutto, è un messaggio lombardo: della regione d'Italia dove da sempre la società civile è più orgogliosa e desiderosa di fare da sé. L'asse fra il Popolo della libertà e la Lega, se scegliamo di osservarlo da questo punto di vista, mostrerà allora il suo carattere non transitorio e casuale ma strutturale. Necessario, quasi. Così come, al di là dei tatticismi, dei personalismi e delle incomprensioni, anche le crisi successive che hanno distaccato Berlusconi dai suoi alleati più attenti al Meridione - i centristi di Casini, i futuristi di Fini - appariranno meno contingenti e maggiormente dipendenti da un diverso modo di pensare la tradizione statuale e nazionale italiana. Crisi, peraltro, che con quegli alleati si sono aperte anche perché il Cavaliere appariva troppo nordista, ma che per paradosso hanno sortito l'effetto opposto a quello voluto: ne hanno via via accentuato l'orientamento settentrionale e lo hanno spinto verso la Lega. Rendendo le politiche per il Sud sempre più secondarie ed evanescenti, e culminando infine nell'ipotesi improponibile di dislocare alcuni ministeri a Milano. Alla proposta "lombarda" di Berlusconi il Mezzogiorno, negli anni, ha reagito in maniera altalenante. Alcune volte ne è stato tentato e l'ha accettata. Anche perché nella tradizione intellettuale meridionale non manca chi abbia difeso la primazia della società sullo Stato. Altre volte, invece, l'ha rifiutata. Ma proprio queste oscillazioni mostrano in definitiva fino a che punto l'Italia meridionale abbia stentato dal 1994 in poi a formulare un disegno alternativo, e tanto meno a imporlo nell'agenda politica nazionale. Il sistema politico formatosi dopo Tangentopoli e lo stesso berlusconismo, del resto, sono nati dal collasso di una strategia storica che in buona misura era stata pensata esattamente allo scopo di risolvere la questione meridionale: un robusto intervento pubblico guidato da una classe dirigente che si presumeva più "avanzata" del paese. La via "nordista", insomma, ha preso quota proprio perché la via "sudista" non ha funzionato. E perché, dopo il suo fallimento, non ne è stata disegnata nessun'altra. Il ballottaggio di Napoli, se lo interpretiamo alla luce di questa vicenda, non appare in fondo né sorprendente né inspiegabile. Il risultato di Milano, invece, sorprendente lo è, e potrebbe forse indicare come la strategia "lombarda" sia ormai in crisi anche nella sua terra d'origine. Perciò il secondo è più importante del primo per gli equilibri politici nazionali. Fermo restando che, si sia o non si sia esaurita la spinta politica del Nord, non sarebbe male se prima o poi ne rinascesse una al Sud. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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