Dopo “La Penna e La Spada” ed altri saggi storici sul 1799 napoletano, Antonella Orefice, partendo dalle cronache del Monitore Napoletano racconta in questo suo nuovo lavoro i fatti che sconvolsero l’isola di Procida durante i mesi della Repubblica napo...letana. Così come scrive nell’introduzione Renata De Lorenzo, l’Autrice, incrociando storia e letteratura, racconta realisticamente un’atmosfera diffusa e ci dà una rappresentazione del passato, a metà tra il romanzo e la tragedia. Procida, ove “la libertà era durata poco più di due mesi”, è un microcosmo della rivoluzione, capace di rifletterne tutte le attese e le contraddizioni: speranze, timori, sofferenze, complessi equilibri sociali, coinvolgimenti e ripulse. Breve è la vita della repubblica nell’isola: solo 64 giorni. Breve è anche la vita del giovane protagonista, il notaio napoletano Bernardo Alberini, Commissario dell’isola, appena trentenne, che invano aveva sperato di ricevere dall’ammiraglio Caracciolo aiuti per la difesa. Il suo cadavere, già in decomposizione, viene restituito dal mare a Miliscola. Emergono i “luoghi della memoria”: il castello dei d’Avalos, piazza di Santa Maria delle Grazie, dove è piantato l’albero della libertà, il colorato porto di Marina Grande, siti di raduni, scontri, di risse di marinai ubriachi, ma anche di appuntamenti amorosi. Ed ancora i palazzi storici, come quello Scialoja e le case più modeste del basso popolo. Della repubblica, come della libertà, sempre presente sullo sfondo, sia per essere esaltata che contestata, varia è la percezione: gruppi dirigenti, contadini, marinai, sono capaci di schierarsi, di rischiare, avendo percepito il senso del messaggio politico e sono impegnati a loro volta nel diffonderlo. In questo contesto si sviluppa un amore che altrimenti non avrebbe avuto ragione di esistere: la storia d’amore tra Bernardo, entusiasta o pessimista, e Aurora, pacata, triste, misteriosa, lapidaria nelle sue dense risposte, “una figurina esile e gentile”, che indossava “abiti stravaganti e demodé”, donna dai discorsi non banali, votata ad una “missione”, annunciatrice di rinascita e libertà. L’amore si basa su un dialogo che presuppone conoscenze comuni: Eleonora de Fonseca Pimentel, Ettore Carafa conte di Ruvo, l’avvocato Pagano, don Gennaro Serra, l’avvocato Pigliacelli. L’ iniziale colpo di fulmine dà luogo sì ad una passione, ma passione da patrioti, che rende calda la notte del loro innamoramento e si intreccia, nei successivi, spesso casuali incontri, strettamente con la politica e poi con la morte. Storia collettiva e individuale, esperienza politica e sentimentale si condizionano reciprocamente, in un racconto che compensa la mancanza di una idonea documentazione: notizie frammentarie si hanno infatti sul protagonista principale, attraverso Lomonaco, Dumas, D’Ayala, ma l’Autrice, già nota per i suoi lavori di ricerca storica, in questo contesto è legittimata ad inventare, a fare propri tutti i personaggi, adattandoli al proprio sentire, alla propria immaginazione. Le fonti, interrogate in maniera trasversale, ci danno un’atmosfera, fatta di razionalità e sentimento. Un diverso 1799, dunque, già pienamente romantico, quello che ci restituisce Antonella Orefice con il suo racconto, il cui intento principale è la trasmissione di un sistema di valori, in una dimensione insulare non marginale, essa stessa protagonista.
Giovanni Di Cecca
Direttore del Monitore Napoletano
Rifondato nel 2010