La recente tornata elettorale per le amministrative nel nostro paese ha evidenziato la crisi della politica parlamentare a fronte, invece, degli ottimi risultati per il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Nonostante il Pd abbia ottenuto nei comuni votanti una buona percentuale d'adesione, conquistandone alcuni già al primo turno, il voto espresso per il partito di centro-sinistra dovrebbe essere contestualizzato all'emorragia dei consensi per l'altro grande partito, il Pdl.
Tuttavia i toni trionfalistici profusi dal segretario democratico Bersani non sembrano cogliere la grave crisi attraversata dalla compagine politica nel suo complesso. In realtà il Pd è riuscito a mantenere inalterato il proprio bacino di voti, senza riuscire ad intercettare quelli rimasti orfani della Lega Nord. Ne consegue che nei comuni, in particolare in alcune città del nord, una parte dei cittadini ha voluto tracciare la propria crocetta sul simbolo antagonista ai grandi apparati, il M5S, appunto. Dunque, da un lato il forte astensionismo dovuto alla perdita di credibilità dei partiti egemoni, dall'altro un crescente consenso per una forza in espansione.
Il quadro fin qui delineato dovrebbe far riflettere in prospettiva delle elezioni politiche per l'anno prossimo. Sebbene tale tornata costituisca un limitato campione rappresentativo, trattandosi di amministrative, rimane comunque sullo sfondo il problema della governabilità. Il tracollo della Seconda Repubblica, infatti, è da ricondurre anche al gracile equilibrio dell'esecutivo sorretto da un esiguo numero di voti. La situazione economica ha aggravato l'inefficienza del governo Berlusconi, ma la difficile arte del buon governo ha la sua origine nell'infausta legge elettorale. Ormai da tempo si auspica una riforma dell'attuale sistema di votazione, il cosiddetto Porcellum, a causa del quale l'instabilità dell'esecutivo ha sortito una recessione dell'Italia in termini economico-produttivi. In tal senso andrebbe corretto il sistema proporzionale con premi di maggioranza mediante le elezioni a doppio turno, sulla scorta dell'esempio francese, con l'introduzione di una soglia di sbarramento più alta al fine di evitare la dispersione dei voti. Si obietterà che il sistema elettorale francese si configura nell'ordinamento semi-presidenziale della costituzione d'oltralpe. Difatti non si vuole discutere sulla sostanza del sistema costituzionale italiano, bensì l'obiezione concerne la ricerca della forma elettiva migliore affinché la stabilità del governo di turno venga in via di principio garantita per l'intera legislatura.
L'auspicata riforma comporterebbe anche una maggiore responsabilità politica per i singoli partiti, in quanto sarebbero costretti a presentare un programma di governo chiaro e facilmente identificabile per l'elettorato di riferimento. In definitiva, si eviterebbero quelle storture identitarie rappresentate negli ultimi vent'anni con le vacue e inconsistenti definizioni di centro-destra e di centro-sinistra. Al riguardo la politica nostrana non è riuscita a delineare uno scenario governativo alquanto stabile proprio per la presenza, al suo interno, dei piccoli partiti la cui sopravvivenza politica è legata alla forza del ricatto per quei pochi voti necessari alla tenuta dell'esecutivo. Pertanto, come ha scritto Sofia Ventura nel numero de "L'Espresso" del 4 maggio, l'esperienza politica francese- con il doppio turno basato su collegi uninominali e con una soglia di sbarramento per il passaggio dal primo al secondo turno giunta al 12,5 per cento- ha ottenuto la riduzione dei partiti aspiranti al parlamento in una misura simile a quella che si realizza con il sistema maggioritario a turno unico, tipico del mondo anglosassone.
Ne deriva che un sistema elettorale migliore è possibile, ma la politica italiana sembra non capirlo.
Loredana Orlando
14 maggio 2012