Domenica 20 maggio 2012, ore 4.04. Un terremoto di magnitudo 5.9 della scala Richter a 10 chilometri di profondità scuote l'Emilia Romagna. Uno dei terremoti più forti mai avvertiti nella pianura padana da diversi anni a questa parte, provocherà 6 morti e danni incalcolabili.
Il Paese è ancora scosso per la terribile esplosione in prossimità della scuola di Brindisi che si porterà via una giovane vita e tanto dolore. I media dedicano al terremoto uno spazio importante dei propri palinsesti, ma nulla a che vedere se confrontato con recenti casi analoghi.
La contemporaneità di un'altra vicenda, ancor più cruenta perché a essere colpiti sono ragazzi, e la giornata domenicale, non aiutano a catalizzare l'attenzione sul dramma emiliano. Non ci sono partite di calcio o eventi sportivi rinviati, le raccolte di fondi godono di una promozione piuttosto fiacca, l'informazione latita clamorosamente con dei vuoti nella programmazione su tutte le principali reti televisive (Rai, Mediaset, La 7).
Comuni come Napoli e Venezia si guardano bene dal far calare un velo di tristezza e silenzio in segno di rispetto, e lasciano spazio alle feste rispettivamente per la visione della finale di Coppa Italia in piazza (poi vinta dagli azzurri, con annessi festeggiamenti protrattisi fino all'alba inoltrata) e dello spettacolo di chiusura delle gare di vela del circuito promozionale America's Cup World Series.
A distanza di dieci giorni, dopo un lungo sciame sismico, la terra torna a tremare negli stessi luoghi, con effetti ancor più devastanti. A morire sono almeno 16 persone, i danni incalcolabili, centinaia i feriti. Stavolta il giorno è infrasettimanale. L'ideale per far partire la macchina del pianto via etere e via web, il dramma è servito con una diretta no-stop. Nemmeno lo scandalo bis del calcio-scommesse può oscurare la portata di un simile dramma. In rete si scatena la corsa alla solidarietà. Si chiede finanche l'annullamento della parata militare prevista per il 2 giugno, affinché i soldi destinati alla consueta celebrazione nazionale, siano dirottati alle popolazioni terremotate.
Sia ben chiaro, la parata può essere ritenuta uno spreco a prescindere della contemporaneità di un evento catastrofico e delle difficoltà vissute da centinaia di migliaia di persone. Ogni anno potremmo trovare una buona ragione per ritenere l'utilizzo dei tre milioni necessari più appropriato per altro. Demagogia, pura demagogia. Come quella che ispira oggi tante raccolte di fondi improvvisate ad opera di chi cerca di appropriarsene per sfruttarne l'audience. Una speculazione che appare insopportabile e irrispettosa. Nel frattempo il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, annuncia che la festa si farà, in quanto «la Repubblica deve dare conferma della sua vitalità, forza democratica, serenità e fermezza con cui affronta le sfide». Demagogia su demagogia.