Confcommercio contesta le liberalizzazioni del governo Monti

 

Si avvicinano le feste di natale. Croce e delizia per gli esercenti. I febbrili giorni prenatalizi un tempo potevano rappresentare una ghiotta occasione per rimpinguare le casse dei negozi con regali e pensierini vari. Oggi il mese di dicembre porta con sé non una buona novella per gli operatori del settore terziario. Infatti a causa del diminuito potere d’acquisto in parte dovuto agli effetti della crisi economica internazionale, la Confcommercio stigmatizza la liberalizzazione dei negozi aperti 24 ore su 24 nei giorni festivi e domenicali.

Una dura presa d’atto quella dell’associazione di categoria del terziario culminata con l’acquisto di un’intera pagina sui principali quotidiani italiani, in cui si rivolge al Presidente del Consiglio, Mario Monti, obiettando i provvedimenti iscritti nella “manovra salva Italia”.

 

Confcommercio contesta la mancata regolamentazione sugli orari di aperura dei negozi nel rispetto della concorrenza tra gli operatori del settore commerciale. La principale associazione di categoria cita una dichiarazione di Monti del 2007, all’epoca Presidente dell’Università Bocconi, nella quale proponeva “un disarmo bilanciato dei privilegi di tutte le corporazioni e non solo di alcune”. Alla luce delle disposizioni urgenti in materia economica licenziate dal decreto, secondo Confcommercio il Capo del governo sembra contraddire il liberalismo economico professato ex cathedra.

L’obiezione intende colpire esclusivamente i provvedimenti dell’esecutivo, senza- tuttavia- muovere un attacco alla liberalizzazione concernente la gestione degli orari e dei giorni di apertura degli esercizi commerciali vigente in Europa. Infatti Confcommercio precisa che accetta di guardare all’Europa  con “nessun limite orario giornaliero”, pur criticando “ la via della completa deregolamentazione delle attività anche nelle giornate domenicali e festive”. Il motivo della polemica va individuato nel peso insostenibile che andrebbe a gravare sulle piccole imprese già strette nella morsa della crisi con l’aggiunta di un ulteriore aggravio dei costi per l’orario continuato delle attività, sacrificando in tal modo anche il diritto al riposo e alla vita familiare.

 

Loredana Orlando