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da Legno Storto:

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Analisi & Commenti

Lassammo fa' a Dio: la normalità a Napoli

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Prima bisogna trasformare questa città in una normale e poi la umanizziamo”. Confesso che questa obiezione suscitata da una mia dissertazione sulla necessità di avviare una radicale trasformazione di forme e funzioni della città, mi ha non poco turbato. E sono rimasto a lungo a riflettere su cosa potesse significare “normalità” a Napoli. L’arco temporale della mia vita mi consente di ricercarne il significato più profondo da “testimone informato dei fatti”. Sciolgo, quindi, la mia fantasia e le permetto di andare alla ricerca della normalità perduta, sorvolando a volo radente l’ordito e la trama urbanistica della città.

'De Bello Caracciolo', ma la città dov'è?

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Dalle torri di Palazzo San Giacomo, le trombe annunciano un riconoscimento del TAR alla correttezza di tutte le procedure adottate dall'amministrazione per arrivare al provvedimento definitivo di Ztl del mare e lungomare liberato. Dall’acropoli posillipino si risponde con le campane annuncianti che quello respinto dal TAR non è il ricorso, ma la richiesta di sospendere il provvedimento in attesa del definito in attesa dell’Ordinanza. E la guerra della Caracciolo continua...
Il lungomare di Napoli come la linea del Piave, la Maginot, la linea Gustav, ma le guerre lasciano al suolo solo rovine, morti e feriti. E’ irritante il dover assistere alla contrapposizione tra amministratori e amministrati sulla funzione da assegnare ad un pezzo di città pur significativo, perdendo di vista le realtà, a volte anche drammatiche, che costellano l’intero territorio cittadino. La sineddoche ha logica e funzione nell’arte della retorica. Una figura retorica che non può trovare applicazione nella complessa gestione della polis. Ed in particolar modo di una città come Napoli… A questo punto, il buon Peppino De Filippo avrebbe ripetuto “ho detto tutto”.

Aree a rischio sismico-vulcanico: no al condono dell'abusivismo edilizio

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Perbacco! Un primo, grande risultato la trivellazione del suolo nell’area di Bagnoli l’ha conseguito. Non si tratta però di nuove conoscenze scientifiche (almeno per ora), né di una casuale fuoruscita di oro nero. La perforazione, sorprendentemente, ha fatto sì che un consistente numero di cittadini abbia finalmente scoperto di vivere su un’area vulcanica. E’ da un po’ che si parla delle tre caldere magmatiche che hanno come riferimento visibile i fenomeni del vulcanesimo nei Campi Flegrei, il monte Epomeo, i rilievi isolati del Somma-Vesuvio. In questo crescendo di attenzioni anche il Marsili e l’isola Ferdinandea non sfigurano.
Recentemente è stata allargata dalla Protezione Civile l’area rossa del Vesuvio. Quella in cui nella malaugurata evenienza di eruzione si registrerebbero gravi ed irreversibili danni ad uomini e cose. Il livello di guardia già di per sé molto alto per la singolare naturalità dei luoghi, subisce repentini innalzamenti ad ogni mutazione dello stato dei luoghi. L’interesse che ha conquistato la comparsa di un “geyser” alto 5 metri di gas e acqua bollente in località Pisciarelli, tra Napoli e Pozzuoli, testimonia il grande stato di apprensione delle popolazioni.

Le responsabilità popolari nella mala amministrazione di Napoli

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Il revisionismo storico ha fatto luce sull’episodio dell’uccisione di Francesco Ferrucci nella battaglia di Gavinana. E’ ormai acclarato che ad infierire sul morente capitano fiorentino sia stato un ufficiale spagnolo, gentiluomo del principe d’Orange. Fabrizio Maramaldo - condottiero d’antica famiglia napoletana – è quindi il protagonista di un falso storico in virtù del quale la lingua italiana si è arricchita dei vocaboli «maramaldo» e «maramaldeggiare», col significato di chi si accanisca vigliaccamente contro qualcuno in stato di palese inferiorità.
La storia nazionale è ricca di episodi legati a quest’ignobile connotato caratteriale del popolo italiano. L’immagine simbolica e più conosciuta di tale esecrabile virtù è senza alcun dubbio quella del ripugnante scempio dei cadaveri di Benito Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti perpetrato in Piazzale Loreto a Milano. Strazio che fu bollato dal presidente del CLN, Ferruccio Parri, con l’espressione di “macelleria messicana”.

Napoli stretta tra autoritarismo arancione e filantropia pelosa

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La qualità della gestione di una città nel suo insieme di uomini e cose è determinata, quindi, dal confronto tra la maggioranza e opposizione. Napoli, purtroppo, tra le tante piaghe incancrenite annovera anche la mancanza di un’opposizione vera in Consiglio comunale. Di una rappresentanza in grado di difendere il bene comune. E’ da lungo tempo che essa si distingue, nella migliore delle ipotesi, unicamente per alibistici comunicati stampa, destinati non di rado ai cestini delle redazioni dei quotidiani locali.

Cosicché, lo stallo della bonifica e della riqualificazione urbanistica di Bagnoli, la speculazione immobiliare, il continuo saccheggio di pregevoli pezzi della città, la mancata fornitura di servizi essenziali alla cittadinanza, non costituiscono più i temi di un imprescindibile quanto costruttivo confronto sul futuro della città. Ma finiscono con l’essere il fulcro su cui fa leva il comprensibile risentimento delle comunità toccate dagli effetti dei provvedimenti o dalle non decisioni del sindaco.

Il mare non bagna Napoli

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Incastonata nella parte alta del suo golfo, Napoli non può che essere una città di mare. Ed è opinione diffusa che lo sia. Senza alcun dubbio, la costruzione di questo convincimento va ascritta innanzitutto al mito fondante di Partenope, la sirena venuta dal mare, che dà origine alla città. Ma è principalmente la canzone napoletana che salda quest’elemento della natura alla tradizione popolare.

I sentimenti dell’amore, della passione della nostalgia trovano la loro cornice naturale nel mare. E’ il mare, crudele o incantatore, a fare da sfondo ai moti dell’anima dei napoletani. Gli specchi d’acqua di Via Caracciolo, Mergellina e Posillipo, complice uno scenario naturale senza eguali, sono tra i più celebrati.

Meno ricordato, se non addirittura ignorato, pur bagnando la stessa costa, il tratto di mare compreso tra l’ex arsenale borbonico ed il fortino di Vigliena. E’ il tratto di costa su cui si irradia il porto con le sue attrezzature. L’infrastruttura che ha reso possibile nel corso dei secoli la trasformazione della poesia del mare in una concreta fonte di lavoro e reddito per la città. Il sudore, il calore insopportabile delle caldaie, la polvere di carbone che si appiccica ai corpi, le lamiere arroventate, i volti degli operatori portuali riarsi dal sole non hanno trovato né cantori, né poeti. Persino gli emigranti a bordo dei bastimenti che li porteranno nelle lontane Americhe, nell’allontanarsi dalla città rivolgono i loro occhi verso santa Lucia.

Attività petrolifere in aree interessate da faglie attive sismogenetiche e sicurezza ambientale

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Negli ultimi tempi si stanno diffondendo le attività petrolifere in aree interessate da faglie attive sismogenetiche che hanno causato e potranno originare eventi sismici, da georisorse rinnovabili di importanza strategica per l’assetto socio-economico di oggi e di domani quali le risorse idriche ed il suolo che consentono attività produttive agricole di pregio.
Deve essere chiaro che le leggi attuali e la compiacente e disattenta “azione” dei rappresentanti delle pubbliche istituzioni rendono, di fatto, incompatibili lo sfruttamento ad ogni costo degli idrocarburi (risorsa ricca sfruttabile in poco tempo e “potenzialmente corruttrice”) e la conservazione e valorizzazione delle altre georisorse (risorse di vitale importanza per le generazioni passate e future).

Nuovi sovrani alla prima del San Carlo

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Quand’ero giovane io, e qua intorno era tutta campagna, al Vomero c’erano solo broccoli, il pane aveva un altro sapore, c’erano le stagioni di mezzo, Venezia è bella ma io non ci vivrei… insomma a quell’epoca là, uno andava a teatro e vedeva gente come Valenzi o Pertini seduti normalmente in platea, che seguivano lo spettacolo. Alla Scala Spadolini si piazzava in un normale palco in seconda fila e, persino Craxi, che pure una certa aspirazione monarchica la coltivava, non osò mai uscire da quel palco di 3ª che ogni anno prendeva in abbonamento con la famiglia.
Il Palco Reale costantemente tenuto vuoto e al buio alla Scala o al San Carlo rimaneva un’immagine di straordinaria potenza: questa è una Repubblica e tutti i cittadini sono uguali!

Napoli Capitale... del Nulla!

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Napoli capitale europea della cultura, Napoli centro del Mediterraneo: due consunti artifici retorici per evocare gli antichi fasti culturali della capitale ai tempi dei Borbone ed una posizione geografica mai valorizzata.
Le ragioni sono note: l’isolamento ed i pregiudizi post unitari hanno avuto senz’altro un ruolo non marginale, ma le schiaccianti responsabilità del ruolo subalterno assunto dalla Città in termini di gap culturale ed economico, vanno ascritte ad una classe politica locale modesta e gretta e all’imprenditoria partenopea, che per pochezza culturale, non ha avuto capacità d’iniziativa limitandola alla commessa statale ed ai pubblici finanziamenti.

Centro Storico di Napoli, Anno Zero

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La mancata valorizzazione del Centro Storico di Napoli, a 20 anni dall'inclusione nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'UNESCO
E’ trascorso quasi un ventennio da quando il Bureau du Patrimoine Mondial dell'UNESCO si pronunciò all'unanimità per l'inserimento del Centro Storico di Napoli nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Ma tutto questo tempo non è stato sufficiente a modificare alcunché rispetto alle condizioni di degrado ambientale e strutturale che determinarono l’intervento dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a protezione del sito culturale d’interesse internazionale.

Napoli Ieri, Oggi... e Domani?

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Vorrei incontrarti fra cent' anni cantava Ron qualche anno fa. Il desiderio, purtroppo, non appartiene al regno del possibile e poi…. È proprio vero che il trascorrere del tempo porti in sé un immancabile progresso?
Per constatarlo, trasliamo l’impossibile sogno dal piano degli affetti tra amanti a quello dell’amore tra cittadino e città e torniamo indietro nel tempo, a circa un secolo fa.

Mostra d'Oltremare, dalle origini le ragioni del rilancio

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Un parco pubblico su scala urbana per rilanciare la struttura espositiva di Fuorigrotta
A Napoli, il professore Gerardo Mazziotti è considerato dagli addetti ai lavori una sorta di rompiscatole in servizio permanente effettivo come si diceva una volta per i militari di carriera. In realtà egli è uno strenuo difensore della storia, cultura e natura di questa martoriata città.
L’ultima provocazione, figlia delle sue doti di fine ed arguto polemista, riguarda la Mostra d’Oltremare. Mi pare perciò ragionevole – ha scritto Mazziotti sul ROMA del 1° novembre 2012 - che si smetta di continuare a parlare di  “Mostra d’Oltremare”, visto che la  legge 442 l’ha cancellata, e di battezzarla “Parco Tecchio”. Aperto, con adeguati presidi di tutela,  alla fruizione quotidiana dei napoletani e dei turisti...  Come dargli torto.

La Comunità scientifica giudicata e condannata

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A quando il processo alla casta dei politici?
Sei anni e l’interdizione dai pubblici uffici. Questa la condanna inflitta ai sette scienziati della Commissione Grandi Rischi accusati di omicidio colposo plurimo per non aver avvertito la popolazione di un rischio sismico imminente. Peccato. Sarebbe stata la prima previsione al mondo di un terremoto prima dei suoi devastanti effetti. Altro che scienziati giapponesi e californiani. Peccato! È andata perduta una preziosa occasione. Certo però la sentenza ha aperto una pericolosa falla nel sistema della Protezione Civile. Gli scienziati potrebbero, infatti, guardarsi bene nel prossimo futuro dal fare previsioni in materia di disastri ambientali o di eccedere negli allarmi.
Mentre la comunità scientifica è ancora sotto shock per la sentenza dell’Aquila, a Napoli pezzi dello stesso mondo si confrontano sui fogli locali, senza esclusione di colpi, sul rischio sismico - vulcanico incombente sul capoluogo partenopeo ed il suo hinterland.

Miracoli laici: la laguna di Napoli

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Il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, pochi giorni fa sul suo profilo facebook pubblicava l'ormai consueta autocelabrazione quotidiana, candidandosi a una sorta di beatificazione non religiosa, in virtù dei "miracoli laici" compiuti nel governo della città.
La giornata di ieri ha mostrato quanto quella frase sia 'laicamente' blasfema. In effetti di miracoli se ne sono visti veramente tanti in città: treni che camminavano sulle acque, il mare liberato tanto per dare un assaggio di quello che potrebbe essere lo stadio del nuoto sul lungomare, i cittadini alla ricerca di zattere. Il tutto in attesa che il Comune si apra alla nuova grande rivoluzione della mobilità sostenibile con il lancio delle gondole partenopee. È stata sufficiente poco più di mezzora di pioggia violenta, per trasformare la città in una laguna. Servizio metropolitano sospeso, strade interrotte, città in tilt. Purtroppo il solo vero miracolo fino ad oggi è stata la siccità. Ma non poteva durare per sempre.

Quel lungo filo arancione dell'insensibilità culturale, umana e politica

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Non so se esiste qualche altro posto al mondo, oltre Napoli, ove le parole assumono le sembianze di uno strumento rituale. In questa singolare città servono a riempire dei vuoti o per creare sonorità, ma mai per rappresentare una realtà vera. Ovviamente mi riferisco al camaleontico mondo della politica cittadina ove nulla per definizione è definibile. E l’aspetto più bizzarro di questa recita a soggetto è che i napoletani conoscono perfettamente l’esatto stato delle cose e dei fatti eppure fingono di crederci. Un rituale gioco delle parti.

Il termine “emergenza” a Napoli non sta a significare temporaneità ma assume il valore di permanente. Nel tessuto urbano ci s’imbatte ancora in osceni monconi di fabbricati ridotti così dall’ultima guerra e nei tubi Innocenti utilizzati dopo il sisma dell’80 per la messa in sicurezza dei palazzi vulnerati; per non dire poi delle emergenze sociali – abitativa, occupazionale, sanità, sicurezza, scolastica, mobilità – trasformatesi negli anni in piaghe cancrenose.

Una pulizia radicale contro i roghi di rifiuti

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Roghi di rifiuti non urbani, inquinamento ambientale ed effetti negativi sulla salute
Il problema dei roghi di rifiuti essenzialmente industriali, oggetto di un recente convegno a Caivano, assume una portata sempre più drammatica al punto da rappresentare uno dei sistemi di smaltimento illegali di circa quattro milioni di tonnellate di rifiutl non urbani. Sistema "industriale", criminale, che stranamente le strutture poliziesche addette alla tutela del territorio e della salute dei cittadini non "vedono" come metodo criminale organizzato da anni per risparmiare sullo smaltimento dei rifiuti non urbani. Non sono fatti isolati ma fanno parte di una micidiale filiera organizzata da chi guadagna smaltendo illegalmente i rifiuti non urbani avvelenando suolo, acqua ed aria togliendo la salute ai cittadini di oggi e di domani.

Quale svolta per Scampia

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Per porre finalmente mano alla questione di Scampia, e delle Vele in particolare, occorre comprendere un dato fondamentale, storicamente acquisito. Il modello modernista di insediamento urbano caratterizzato da grandi edifici separati da ampi spazi, per la viabilità e il verde, è sostanzialmente fallito per varie ragioni.

I nuovi barbari

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La 'temporanea' distruzione del patrimonio culturale napoletano
La singolare e storica stratificazione degli impianti urbanistici di Napoli ha prodotto numerosi e spinosi problemi alla vivibilità dei suoi quartieri più antichi. In cambio, quasi che fosse una sorta di risarcimento, li ha gratificati di un patrimonio culturale (opere, monumenti, musei, quinte paesaggistiche) d’inestimabile valore.
Di questo, i monumenti (complessi architettonici, opere celebrativo-commemorative, paesaggi urbani) che testimoniano la nostra storia e riportano alla mente i grandi uomini del passato, rappresentano la parte più vulnerabile.  L’Architettura - ha scritto Ferruccio Izzo, docente di composizione architettonica e urbana - è fatta di luoghi, dà nome, sostanza e senso ai luoghi. Si situa nella città e nel paesaggio, dona senso al nostro ambiente di vita
Ma proprio questa sua fondamentale specificità la espone all’azione erodente degli agenti meteorici ed a quelle non meno perniciose dell’ignoranza e dell’accidia.

La 'temporanea' distruzione del patrimonio napoletano

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La singolare e storica stratificazione degli impianti urbanistici di Napoli ha prodotto numerosi e spinosi problemi alla vivibilità dei suoi quartieri più antichi. In cambio, quasi che fosse una sorta di risarcimento, li ha gratificati di un patrimonio culturale (opere, monumenti, musei, quinte paesaggistiche) d’inestimabile valore.
Di questo, i monumenti (complessi architettonici, opere celebrativo-commemorative, paesaggi urbani) che testimoniano la nostra storia e riportano alla mente i grandi uomini del passato, rappresentano la parte più vulnerabile.  L’Architettura - ha scritto Ferruccio Izzo, docente di composizione architettonica e urbana - è fatta di luoghi, dà nome, sostanza e senso ai luoghi. Si situa nella città e nel paesaggio, dona senso al nostro ambiente di vita
Ma proprio questa sua fondamentale specificità la espone all’azione erodente degli agenti meteorici ed a quelle non meno perniciose dell’ignoranza e dell’accidia.

Aldo Masullo: "L'agonia della cultura napoletana" (Il Mattino)

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Pubblicato su "Il Mattino" del 24 agosto 2012
Quella montagna di libri l'ho vista nascere. Tanto più tristezza e sdegno riempiono il mio animo nel sapere ch'essa è miserevolmente franata e quei libri come inutili sassi se ne staranno d'ora in poi accatastati in qualche rozzo capannone. Saranno anch'essi persi come i rifiuti nelle balle depositate senza termine nello squallore di campagne qua e là gravide di clandestine bombe ecologiche. 

Tormento Napoli

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Lidio Aramu si interroga sul ruolo dei cittadini napoletani dinanzi alla 'ghettizzazione' e al degrado della città. E' amore vero quello che si traduce nelle tante immagini da cartolina ostentate dai napoletani? La vicenda della biblioteca dell'Istituto Italiano di Studi Filosofici
C’è una considerazione di Raffaele La Capria (l’occhio di Napoli) che turba la mia coscienza partenopea. Mi è entrata nel cervello e come un fiume carsico, con cadenze sempre più ravvicinate, fa balenare l’antinomia tra l’amore per Napoli e l’indifferenza dei napoletani nel vederla distruggere. L’estasi che non riesce a tradursi in tormento.
L’amore per Partenope che “viene fuori …da una continua produzione di libri, incisioni, disegni gouaches, fotografie, cartoline, quadri, eccetera che tramandano la bellezza degli edifici e delle piazze, delle chiese e dei monumenti, della natura e dei paesaggi… e allora come si spiega che questi stessi napoletani innamorati della propria città abbiano assistito senza batter ciglio e con suprema indifferenza a tutti gli scempi che l’hanno devastata? Fu distrazione, negligenza, abulia, mancanza di senso civico, incultura o che altro?”.

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