La Napoli che frana oltre le metafore

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BUCHE VORAGINI FRANE ED ALLAGAMENTI A NAPOLI. TUTTA COLPA DELLE PIOGGE TORRENZIALI?
Copertoni, cerchioni, boccole e semiassi sono gli accessori auto più venduti a Napoli. Specularmente all’avvocatura comunale giungono sempre più numerose le richieste di risarcimento per i danni causati dalla mancata manutenzione stradale. E’ innegabile che alcuni tratti della rete stradale somiglino ad una ricostruzione del paesaggio lunare tante sono le buche e le voragini che s’incontrano. Ed anche, se vengono ascritte al carattere torrenziale delle piogge recentemente cadute sulla città, queste rappresentano l’inaccettabile sintomatologia di una degradante incuria di lungo corso.
Ancora una volta è stata l’emergenza a farla da padrone. Gli interventi, così radi da non essere neanche percepiti, sono stati limitati ad eliminare, senza affanni, le condizioni di pericolo per la pubblica incolumità.

Il caso di Via Tito Lucrezio Caro è emblematico. Nel novembre 2011, a causa dell’apertura di una voragine, è chiusa al traffico. L’ammontare dei lavori per il ripristino dell’importante arteria posillipina è fissato dai tecnici in quindicimila euro. Nonostante le reiterate proteste degli abitanti e della I Municipalità passano circa undici lunghissimi mesi durante i quali la voragine aumenta di dimensioni e profondità per l’azione degli agenti atmosferici. E non solo. L’importo dei lavori, come si rileva dalla delibera per la “somma urgenza” approvata dal Consiglio comunale, lievita a 199.024,77 euro. Riempito il crepaccio, tutto sembra essere tornato alla normalità.

Eppure le cause del cedimento stradale erano state ritualmente ascritte all’azione congiunta del maltempo e degli apparati radicali degli alberi sull’incoerenza del sottosuolo. Si prosegue quindi ad intervenire sugli effetti senza eliminare le cause. E così, mentre cala l’ultima palata di asfalto a Posillipo, in prossimità di piazza Arenella si manifesta un nuovo cedimento del piano stradale.

Anche in questo caso si è parlato di un avvallamento prodotto dal crollo del sottosuolo incoerente per l’infiltrazione di acque provenienti dalle condotte fognarie. Per i cittadini tale giustificazione costituisce soltanto una mezza verità. Troppi avvallamenti si evidenziano in questa porzione di città, così come tutti gli edifici della zona presentano crepe e lesioni. Una preoccupante sintomatologia che loro fanno coincidere con la realizzazione dei parcheggi pertinenziali di Piazza Muzii e dell’Arenella. E’ una teoria che andrebbe verificata, ma istintivamente i residenti hanno individuato la vera causa dei tanti dissesti che tormentano le strade e gli edifici: il sottosuolo di Napoli.

Napoli sotterranea non è solo un insieme di anfratti, cunicoli, cavità ed acquedotti e cisterne d’epoca romana. Non è soltanto lo scenario surreale che ha generato ed alimentato nel corso dei secoli una ricca mitologia ancor viva nell’immaginario collettivo dei napoletani. Essa è soprattutto la rappresentazione in “negativo” della città giacché il labirinto di grotte, recessi e gallerie, altro non è che il prodotto dell’asportazione del tufo utilizzato per la costruzione degli edifici e si sviluppa al di sotto dell’intero centro storico intersecandosi sotto strade e palazzi.

La presenza di queste cavità è all’origine di un’ampia casistica di dissesti: il collasso delle pareti e degli accessi e l’infiltrazione delle acque meteoriche o provenienti da perdite dei servizi a rete, con erosione ed asportazione dei terreni sciolti di copertura, portano alla formazione di voragini in superficie con gravi conseguenze per l’incolumità dei cittadini e del tessuto urbano. Non è un mistero, la rete dell’adduzione idrica è obsoleta. La vetustà delle condotte determina perdite del 30% cosicché non è difficile che un micro-getto di acqua non rilevato, attraversando pomici, lapilli e cemento, possa determinare la formazione di caverne e voragini tali da ingoiare anche interi fabbricati.

Ad elevare il rischio concorre anche il sistema fognario sicuramente non adeguato alle necessità di una città cresciuta a dismisura in breve tempo.
Nel centro storico, infatti, la rete fognaria risale ad un progetto tardo ottocentesco, le cui opere furono realizzate in epoca fascista e sovraccaricate per le esigenze di una città in forte espansione. L’ultimo progetto delle fognature di Napoli fu redatto dalla Cassa per il Mezzogiorno negli Anni ’50.

A Napoli è ancora vivo il ricordo della voragine che a Secondigliano, nel gennaio del 1996, uccise undici persone e distrusse alcuni edifici. Fu solo l’acme di uno stillicidio ininterrotto di sprofondamenti che indusse il Governo a nominare il sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, Commissario straordinario per l’emergenza sottosuolo. Fu redatta una dettagliata, ma non esaustiva, relazione scientifica e furono formulate proposte per l’eliminazione dei rischi afferenti al sottosuolo napoletano riconducibili alla rete fognaria e di drenaggio, alle cavità sotterranee, alle opere di sostegno, ai costoni tufacei, ai pendii in terreni incoerenti.

Dello stato dell’arte si conosce ben poco. Su tutta la problematica è calata la canonica coltre di silenzio mentre l’amministrazione comunale, con il concorso della Regione Campania, è tutta impegnata a reperire fondi per la sistemazione di alcuni importanti assi stradali. Intanto su tutto il territorio cittadino continuano a manifestarsi cedimenti del suolo stradale, allagamenti e frane nelle zone a ridosso delle colline.

Chissà se Luigi de Magistris, tra una comparsata romana e gli annunci di eventi ludico-canori, si ricorderà di essere il sindaco di una grande e martoriata città e “scassi” finalmente l’inquietante silenzio spiegando ai napoletani cosa è stato fatto in oltre quindici anni per rimuovere le condizioni di pericolo e che cosa intenderà fare per concludere l’opera di risanamento ambientale, igienico-sanitaria ed idrogeologica cominciata nell’ormai lontano 2000.
Lidio Aramu

 

 

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