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Una nuova strategia per l’Europa

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La grave stagnazione economica nella quale versa l'occidente ripropone con forza l'assenza di una politica comunitaria inerente all'Unione Europea.

La centralizzazione governativa di più stati in unico organismo avrebbe dovuto produrre, in tempi non sospetti, una seria analisi sulla riconfigurazione del mercato del lavoro in un complesso economico sempre meno produttivo ma sempre più indebitato. Il superamento dell'ideologica appartenenza allo Stato d'origine si sarebbe dovuto accompagnare ad un nuovo modo di reinvestire le risorse economiche oramai deficitarie per le singole nazioni. La cosiddetta "bolla speculativa" del capitalismo finanziario ha prodotto l'illusione nella compagine europea di poter gestire i bilanci statuali senza, però, alcun incentivo per favorire la mobilità lavorativa in un continente privo di frontiere.

In particolare, i rigidi vincoli economici sanciti dall'Unione hanno evidenziato i ritardi dell'azione governativa afferente all'area meridionale dell'Europa (Italia-Spagna-Grecia). In tali paesi, i legami conflittuali con le rappresentazioni sindacali (ad esempio in Italia) e l'atavico immobilismo produttivo (non solo in Italia, ancora legata ad un'idea industriale di vaste proporzioni come la Fiat, ma anche nella penisola iberica il cui tessuto produttivo rimane ancorato alla rendita immobiliare pena il mancato investimento nelle piccole-medie imprese) hanno reso possibile la crescente linea di demarcazione tra l'asse franco-tedesco e il resto del continente. Il contesto fin qui analizzato è la conseguenza di un disconoscimento politico dell'Europa il cui parlamento viene percepito dal senso comune come un'entità astratta, capace- però- di indirizzare e di orientare le scelte economiche dei singoli paesi. L'economia, Croce docet (si ricordi che Croce era un liberale, non certo un socialista), è una categoria concernente l'attività pratica dello spirito. In sostanza, seguendo la riflessione crociana, l'azione economica per produrre risultati duraturi, "l'utileˮ, deve essere sostenuta dalla politica, ossia dalla capacità del politico di interpretare le circostanze nelle quali un'iniziativa economica sia adeguata o meno. Ne deriva una mancata attenzione alle nuove forme di produzione e di investimento nelle risorse naturali dalle quali, invece, dipenderà l'eco-nomia sostenibile ricordando la radice greca di oikos, ossia la casa come luogo di gestione delle risorse. Di contro, l'assenza di una nuova politica d'investimenti e di una riforma sociale sta configurando un ritorno al nazionalismo inteso, per una parte non irrilevante dei cittadini europei, come un'esigenza di ancorarsi alla nostalgica idea di politica autarchica laddove le nuove economie dei paesi un tempo emergenti (si pensi al BRICS, acronimo per Brasile-Russia-India-Cina-Sud Africa) esigono una risposta di carattere federale e comunitario per continuare a fare dell'Europa un continente competitivo e aperto alle nuove sfide dell'economia globale.

Loredana Orlando

 

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