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L’economia distrutta dalle macerie

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Il terremoto che sta colpendo ormai da giorni alcune regioni del nord dell’Italia, in particolare l’Emilia Romagna e la vasta area della Pianura Padana, ha sortito l’effetto immediato di danni ingenti all’economia delle piccole-medie imprese della zona.

I capannoni delle fabbriche devastati dallo sciame sismico, infatti, sono diventati quasi il simbolo della negazione della ripresa per un’economia e per un mercato del lavoro già in forte ristagno a causa della ben nota crisi dei mercati finanziari.

Alcune delle vittime finora accertate erano operai e imprenditori recatisi sul posto di lavoro anche nei giorni seguenti la prima ondata di scosse per evitare che la produzione si arrestasse e, di conseguenza, che le fabbriche subissero gravi ripercussioni in termini di occupazione. Ancora una volta, l’Italia versa lacrime per le sue morti bianche, quelle per i lavoratori, piaga infinita di un paese avulso al normale rispetto delle leggi in materia di sicurezza sul lavoro.

Ora, il terremoto padano diventa- quasi per un imperscrutabile volere del fato- il paradigma dell’attuazione degli interventi economici posti al centro delle discussioni tra i rappresentanti dei paesi europei. La contingenza dell’evento sismico pone con forza la necessità di avallare la proposta del capo del governo italiano Monti di derogare dal vincolo del Fiscal Compact- proposta contestata dalla cancelliera tedesca Merkel- i crediti verso le imprese di cui lo stato italiano è debitore. Il nerbo dell’economia italiana, infatti, rischia il fallimento a fronte della possibile delocalizzazione in altri paesi di quelle piccole-medie imprese devastate dal sisma. Le ipotesi soltanto ventilate da Monti e sostenute dal presidente francese Hollande e dal presidente americano Obama durante il recente vertice G8 assumono ora il carattere della cogenza e dell’improrogabilità. Tornerebbe utile, tra l’altro, anche la bozza sempre italiana della “golden rule”, il compromesso tra stabilità e produttività inteso come un piano di investimenti in grado di generare crescita.

Il governo italiano e l’unione europea sono giunte ad un punto di svolta. Oramai è evidente l’insostenibilità delle misure restrittive, come ha dichiarato il governatore di Bankitalia Visco in riferimento all’agenda dell’esecutivo Monti: «contro la crisi ha fatto bene il governo Monti, ma la pressione fiscale non è compatibile con la crescita sostenuta». Una crescita da affrontare in un quadro di garanzie comuni per i paesi dell’eurozona al fine di evitare la perdita di competitività e il collasso dell’economia reale, come l’Italia non da ora ma soprattutto negli ultimi giorni sta rovinosamente sperimentando.

Loredana Orlando

 

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