Napoli stretta tra autoritarismo arancione e filantropia pelosa

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La qualità della gestione di una città nel suo insieme di uomini e cose è determinata, quindi, dal confronto tra la maggioranza e opposizione. Napoli, purtroppo, tra le tante piaghe incancrenite annovera anche la mancanza di un’opposizione vera in Consiglio comunale. Di una rappresentanza in grado di difendere il bene comune. E’ da lungo tempo che essa si distingue, nella migliore delle ipotesi, unicamente per alibistici comunicati stampa, destinati non di rado ai cestini delle redazioni dei quotidiani locali.

Cosicché, lo stallo della bonifica e della riqualificazione urbanistica di Bagnoli, la speculazione immobiliare, il continuo saccheggio di pregevoli pezzi della città, la mancata fornitura di servizi essenziali alla cittadinanza, non costituiscono più i temi di un imprescindibile quanto costruttivo confronto sul futuro della città. Ma finiscono con l’essere il fulcro su cui fa leva il comprensibile risentimento delle comunità toccate dagli effetti dei provvedimenti o dalle non decisioni del sindaco.


Detto questo, non si può sottacere che l’attuale coalizione di maggioranza, capeggiata da Luigi de Magistris, ha ereditato dalle precedenti amministrazioni di centro-sinistra una pesantissima e ben nota situazione finanziaria. Casse vuote ed un monte di debiti tale da impedire qualsiasi ipotesi d’investimento a medio e lungo termine.
Abbandonato quindi ogni proposito di realizzare il suo programma elettorale, de Magistris ha optato per una navigazione a vista nella palude mefitica delle ataviche emergenze della città. Le sue iniziative fin qui si sono limitate ad interventi sul territorio dai discutibili risultati ed eventi a costo zero o a titolo oneroso, come nel caso della Vuitton cup, purché ad alto coefficiente di visibilità. In questo contesto di criticità, con ogni probabilità, assume un ruolo determinante “l’anticamera” (l’insieme dei collaboratori), che, come ricorda Carl Schmitt, a volte contiene uomini saggi e intelligenti, oppure manager prodigiosi e onesti ciambellani, a volte sciocchi arrivisti ed impostori che a Napoli certo non mancano.

“L’anticamera” e la mancanza di una seria opposizione hanno, di fatto, determinato una sorta di distacco del sindaco dalla cittadinanza, ponendolo in una dimensione irreale in cui egli mantiene i contatti soltanto con coloro che indirettamente lo condizionano mentre continua a perdere quelli con i napoletani determinando in tal modo una profonda ferita alla vita democratica della Città.

La cartina al tornasole di tale grave mutilazione è data dai mugugni e dalle proteste dei cittadini e delle associazioni di categoria per la loro esclusione da ogni confronto concernente la creazione delle Zone a Traffico Limitato. Una tipologia d’intervento che a Napoli risponde più alla logica dell’apparire, alla costruzione dell’immagine di un’amministrazione intenta a riempire di contenuti il nulla assoluto lasciato dalla precedente amministrazione Iervolino, che ad una funzionale rivoluzione della gestione del territorio.

E’ innegabile che percorrere le strade urbane molto spesso diventa per il cittadino una sorta di esercizio di sopravvivenza dovendo affrontare la sfida alle insidie dello smog e del rumore, nonché il rischio di essere travolti da qualche veicolo. E’ anche vero che le amministrazioni civiche delle grandi città europee per rendere più umane le condizioni di vita dei loro centri abitati hanno posto in essere la pianificazione dell’utilizzo degli spazi stradali per tenere sotto controllo il traffico automobilistico.

La limitazione del traffico è quindi il principale obiettivo da conseguire per migliorare le condizioni di traffico nei centri urbani. In molte città dell’Europa si sono riprogettate le strade per rendere meno convulso il traffico automobilistico facendo perno sulla creazione di aiuole, alberi e cespugli, aree ludiche per bambini e con la riduzione dei limiti di velocità sì da imporre agli automobilisti a procedere lentamente e a concedere la precedenza a ciclisti, pedoni e ai bambini che giocano.

Nell’umanizzazione di tali città assume forte rilevanza la destinazione di spazi urbani alla creazione di orti urbani e zone verdi alberate ove creare l’habitat congeniale alla vita di numerose varietà di uccelli. Vere e proprie riserve naturali all’interno delle aree edificate. Il processo di riqualificazione urbano non può, tuttavia, essere calato dall’alto, occorre coinvolgere il pubblico. Non è possibile, infatti, ipotizzare una mutazione dell’utilizzo del territorio urbano senza il consenso e la partecipazione delle comunità.

Napoli non poteva certo sottrarsi a questo trend che ormai è proprio di tutti i grandi centri abitati del pianeta, ma lo ha fatto a modo suo, con fantasia tutta partenopea.

In realtà la riduzione del traffico automobilistico non faceva parte del programma elettorale di de Magistris. E’ stata l’Unesco a pretendere, a pochi mesi dall’insediamento del nuovo sindaco, che fosse attuata così come il recupero degli spazi urbani con la realizzazione di zone a traffico limitato e aree pedonali. In realtà il “Grande Programma per il Centro Storico di Napoli Patrimonio UNESCO” prevede, per diminuire i livelli di congestione e disordine urbano nel centro storico, altri fondamentali interventi come la costruzione di garage sotterranei, l’acquisto di bus ecologici, l’individuazione di un sistema innovativo ed ecocompatibile per la distribuzione delle merci. Ma dato che tali provvedimenti non sono a costo zero non se ne parla neanche.

Dopo la realizzazione della grande ZTL del Centro Storico, l’amministrazione comunale ha dato il via alla surreale liberazione del lungomare Caracciolo. Anche in questo caso il provvedimento non è scaturito da una pianificazione partecipata e condivisa con i cittadini. La decisione è scaturita, infatti, dall’attuazione del cosiddetto “piano B” per la finta “Coppa America”. Una soluzione imposta dal divieto della magistratura di tenere, così come voleva de Magistris, la Vuitton cup utilizzando la famigerata colmata di Bagnoli. Un’area particolarmente inquinata e che tutt’ora, nel totale disinteresse del sindaco e delle pubbliche istituzioni, continua a rimanere tale. A queste limitazioni del traffico ne sono seguite altre più contenute nelle dimensioni ma che interessano a macchia d’olio l’intero centro cittadino e le aree intermedie.

Le reazioni dei cittadini toccati dagli effetti di tali provvedimenti non sono state significative. La protesta si è stata frantumata fino a rendersi impercettibile nei mille rivoli degli interessi in gioco. Dissenso che non riesce a lievitare, a manifestarsi, ad acquisire la necessaria dimensione per imporsi all’attenzione dell’amministrazione comunale. L’unica pubblica manifestazione di dissenso che ha visto la partecipazione di un consistente numero di associazioni di cittadini in rappresentanza di vari quartieri della città, almeno due partiti politici, anche se non ufficialmente, e la potente Confcommercio, ha messo in campo 7/800 persone. Un campione certo emblematico ma che non può, per forza di cosa, essere ritenuto rappresentativo dell’entità del disagio derivante dall’intollerabile riduzione della libertà di movimento per l’impossibilità di utilizzare l’auto privata e, soprattutto, l’assoluta precarietà del sistema del pubblico trasporto urbano.

Il malumore nei confronti dell’amministrazione comunale esiste e lo si percepisce in ogni angolo della città ma non riesce ancora a prendere corpo. La maggioranza di de Magistris. alle prese con un incombente dissesto finanziario è sempre più chiusa a riccio, anche se la sua granitica compattezza comincia a mostrare profonde crepe. E’ l’immagine di una città che non riesce più a dialogare, e quando lo fa, è solo per lanciare l’immancabile progetto a “costo zero” con lo scopo di “regalare” una preziosa opportunità ad un’amministrazione priva di mezzi e d’idee, non più protagonista delle scelte per la città. Sul web è apparso un progetto di riqualificazione di via Caracciolo sponsorizzato da Lino Ferrara, presidente dell'Unione Nazionale Armatori da Diporto il cui scopo fondamentale è la promozione dello sviluppo sostenibile del turismo nautico. Poi sarà la volta del porticciolo di Mergellina a cui seguirà la valorizzazione del Molo San Vincenzo per concludersi in gloria con il porto turistico di Coroglio.

E ancor prima di rimuovere gli escrementi urbanistici ed abitativi che si ritrovano nella trama urbanistica, ecco sorgere dal nulla l’ennesima “associazione temporanea di scopo” che si prefigge di clonare la città nel suo sottosuolo opponendo alla città del sole quella delle tenebre. Ovviamente a costo zero, cosicché l’amministrazione comunale, incapace di organizzare un piano d’interventi per la manutenzione delle strade ormai intransitabili per i crateri che si aprono sulle superfici, sarà impegnata a confrontarsi con un “gruppo di cittadini consapevoli che la città sta andando alla deriva” e che caritatevolmente mettono a disposizione le proprie professionalità ed il proprio ingegno, gratuitamente, della collettività. Roba da libro Cuore. Dove sono Caldoro, Fermariello, Cosenza, Rosi delle mani sulla città…

E’ la perversa logica delle varianti – complice l’amministrazione comunale – che riemerge dopo aver provocato al tessuto urbanistico cittadino danni irreparabili. E la privatizzazione della città prosegue indisturbata: tangenziale, Mostra d’Oltremare, Stazione Marittima, l’ex area industriale orientale, le aree di sedime degli opifici di Bagnoli… Non è escluso, quindi, che nel prossimo futuro i napoletani, per poter fare una passeggiata lungo il mare di via Caracciolo, dovranno pagare un pedaggio a qualche filantropica società temporanea di scopo.

In una città democratica questi temi dovrebbero essere discussi nelle municipalità, nelle sedi delle organizzazioni produttive, in Consiglio comunale. E’ triste constatare invece che vengono trattati al chiuso delle stanze del potere frequentate da chi in campagna elettorale si è riempito la bocca di democrazia partecipata. La città certo continua a non dare segni visibili d’insofferenza ma attenti a scambiare questo distacco con l’indifferenza.  Il silenzio ha vari gradi: il primo è di parole, il secondo di desideri, il terzo di pensieri a cui segue inevitabilmente l’azione che non potrà non essere rivoluzionaria.
Lidio Aramu