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Storie di Ville e di governi

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Dalla Villa Comunale alla Villa del Popolo: come coniugare la tradizione del passato con le esigenze dei tempi moderni
Quando si parla della Villa il pensiero va subito a quello spazio alberato che separa la lunga teoria di palazzi della Riviera di Chiaia dal mare. Un parco nato nel 1778 per volontà di Ferdinando IV e per opera di Carlo Vanvitelli ed ampliata da Stefano Gasse in due riprese sino alla Torretta. L’aspetto definitivo alla prima villa europea costruita “per servire ai piaceri del popolo” è opera di Errico Alvino (1862). Il suo progetto aveva, infatti, come obiettivo l’ampliamento dei giardini verso il mare grazie ad una colmata che avrebbe consentito, tra l’altro, di realizzare una strada di collegamento Mergellina-piazza Vittoria e di bonificare l’arenile ridotto ormai ad un’immonda discarica attraversata da fogne a cielo aperto.


Ma a Napoli esisteva anche la Villa del Popolo. Cercarla nella toponomastica è fatica inutile. Tutto al più troverete la voce “Calata di Villa del Popolo” che vi riporterà al Porto e al terminal dei collegamenti con le isole del Golfo. Della Villa vera e propria non v’è più traccia. Al momento.
La Villa del Popolo fu realizzata da Camillo Agrelli nel 1877 per celebrare l’elezione del Duca di Sandonato, massima espressione della Sinistra, a Sindaco di Napoli. L’area su cui sorgeva si trovava nell'attuale via Nuova Marina, ad altezza delle Piazza Mercato e Piazza Masaniello, e doveva costituire un polmone di verde per le popolazioni dei quartieri bassi (Porto, Pendino, Mercato) escluse dalla fruizione della splendida Villa di Chiaja. Un intervento di facciata, assolutamente inefficace a rimuovere quelle condizioni di degrado e di scarsa igiene che agevolarono nel 1884 l’ennesima diffusione del vibrione colerico.
Si trattava di un’area prospiciente alla spiaggia che si allungava nei pressi di Piazza Mercato, arredata secondo i gusti dell’epoca con lampioni di ghisa, panchine in marmo o in legno, con aiuole fiorite, filari di lecci, palme e cespugli da fiore.

Nessuna concessione alla monumentalità, salvo una fugace presenza della Fontana del Gigante di Pietro Bernini, trasferita definitivamente nel 1903 a via Partenope.  
Prima il collegamento ferroviario Stazione Centrale-Porto e la costruzione di due grandi capannoni e successivamente il progetto dell’Alto Commissario per l’espansione, il potenziamento e l’arredamento del porto portarono alla sua cancellazione. Al posto della Villa del Popolo sorsero così i Silos e la Caserma della Milizia Portuale.

Dopo oltre mezzo secolo, per motivi diversi, le due Ville sono di nuovo al centro della pubblica attenzione.
Nel 1995, Loris Rossi nel chiostro di S. Eligio presentò un’ipotesi di riqualificazione dei quartieri Mercato e Pendino. Tra le tante idee contenute nel Piano particolareggiato, l’attenzione del governatore Antonio Rastrelli cadde sull’opportunità di creare il Parco della Marinella o Villa del Popolo su un’area di circa 30mila metri quadrati, particolarmente degradata e compresa tra le Torri aragonesi e la Caserma Bianchini. Tale opera avrebbe risolto due fondamentali problemi quello di creare un grande polmone verde in un ambito fortemente antropizzato ed edificato e di recuperare l’area alla città.

Il parco, dopo essere stato inserito nei PIT Città di Napoli e finanziato con i fondi europei, avrebbe dovuto essere completato per l’8 marzo 2006. Obiettivo che è possibile leggere ancora oggi su un patetico cartello del Comune di Napoli risalente al 2002.  
Lavori purtroppo mai iniziati. Ad impedire che però sulla vicenda calasse un vergognoso silenzio, il Presidente della Provincia, Luigi Rispoli, si è battuto strenuamente, coadiuvato da migliaia di cittadini. Dibattiti, convegni, petizioni, manifestazioni popolari indette da Rispoli hanno portato alla liberazione dell’area dalla presenza di baracche luride e fatiscenti.

Tuttavia sparsi su tutta la superficie dell’ex campo “profughi” sono rimasti rifiuti di ogni sorta mentre la bonifica del sito è ancora di là da venire, nonostante siano stati già sottoscritti con la ditta appaltatrice  i contratti per il risanamento e la realizzazione del parco per un importo di ben due milioni e mezzo di euro. E mentre il presidente della Provincia continua ad incalzare l’amministrazione comunale perché decida finalmente di valorizzare questo comprensorio napoletano integrandolo in un circuito turistico-culturale più vasto, in grado di valorizzare le energie produttive, intellettuali e gli edifici storici del territorio ristrutturati con i fondi della Regione Campania.
Indubbiamente la riqualificazione di quest’area rappresenterebbe effettivamente un atto rivoluzionario.

Francamente, è difficile immaginare che l’amministrazione arancione, per energie e fondi, possa affrontare altri impegni oltre il progetto di valorizzazione di via Caracciolo. Un’opera che avrebbe fatto allibire Caligola. Si tratta di ricostituire l’antica linea di costa della Chiaja ottocentesca. Il sindaco de Magistris è impegnato da oltre un anno in un’opera colossale. Si tratta, infatti, di eliminare la colmata a mare da Mergellina a Santa Lucia, che l’opulenta borghesia posillipina aveva voluto con forza per valorizzare la proprietà fondiaria e per accedere ad aree di grande pregio. Per adesso l’attenzione del sindaco è rivolta alla Villa comunale e dintorni. Un parco sempre più desertificato per la deviazione dei flussi idrici provenienti dalle colline a causa dello sbarramento dei tunnel di cemento armato della Linea 6. Le cui superfici sono erose dagli impianti di servizio di questa inutile linea ferroviaria. Illuminati politici vorrebbero farla slittare verso il mare, mentre altri vorrebbero sollevare l’asfalto e creare degli orti ove piantare zucche e cucurbitacee varie.

Sul web i sostenitori del disney village de Magistris fanno girare foto e gouache d’inizio Ottocento per sottolineare la bellezza dei luoghi, l’amenità del paesaggio. Certo vedere il mare a Santa Lucia con il porticciolo dei pescatori del Pallonetto è piacevole. Ma chi glielo dice agli albergatori che il Vesuvio, il Santa Lucia, l’Excelsior potrebbero sparire perché gli arancioni hanno immaginato una sorta di ritorno al passato. Per i residenti il problema potrebbe essere risolto con la costruzione di nuovi alloggi nell’ex area delle raffinerie. Il Presidente e gli assessorati della Regione Campania si arrangerebbero alla meglio negli uffici del Centro direzionale lasciando libero il Palazzo delle Ferrovie da abbattere.

Non vorremmo essere nei panni del sindaco. E’ difficile uscire dalla spirale in cui si è cacciato con la sua corte giallognola. Deve decidere se andare verso la Napoli del futuro rappresentata dalla Villa del Popolo o continuare a vagheggiare – rendendo difficile la vita a migliaia di napoletani - la ricostruzione artefatta e grottesca di un passato che non potrebbe più in alcun modo soddisfare le esigenze dei tempi moderni.   
Lidio Aramu
9 agosto 2012

 

 

Nell'immagine in alto a destra, la Villa del Popolo di Giorgio Sommer

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